Riflessioni sulla Pet Therapy, IAA, in tempo di Covid-19

Torneremo a comunicare con il tocco? Potremmo avvicinare mondi sconosciuti con l’aiuto delle carezze? Lavorare in pet therapy è anche questo, quello sfiorare con la punta delle dita il pelo dei tuoi cani preparati che metti a disposizione assieme a te stessa per entrare in contatto con i bambini fragili, per riportare alla luce sensazioni tattili che vanno a stimolare ricordi in menti affaticate dall’età e dall’esperienza della vita.

Interagire con le persone, affette da patologie importanti, è questione di attimi, è questione di sensazioni che vengono vissute direttamente senza filtri, esistono e sono immediate. Ho viva in me questa scena: palestrina in un centro per bambini affetti da autismo. Un bambino di 7 anni, l’educatrice, Marple, il mio cane, ed io. Il bambino è molto grave, mostra stereotipie comportamentali e motorie importanti, non parla, si muove in continuo nello spazio. Intuisco che ha una traiettoria ben precisa, da un angolo all’altro della palestra, in diagonale. Inizio a  camminare con lui e con noi, il cane, avanti e indietro, al ritmo del bambino. L’educatrice si ferma a lato, ci osserva: saremmo in troppi lungo quel sentiero. Quando il bambino accelera, io e il cane ci fermiamo, quello è un suo movimento e deve rimanere tale. Protocolli? No, non ci sono protocolli. Anzi, mi correggo, ci sono protocolli per la preparazione del cane, del coadiutore, dell’equipe e del progetto. Il protocollo deve entrare sottopelle, deve essere connaturato, non come dato innato, ma come frutto di studio, di preparazione e di carattere ed è per questo in un certo senso “scompare”, per divenire libertà. Libertà etica che tutela tutti.

Il bambino va e viene lungo il suo sentiero e noi con lui. Durante una seduta il bambino inverte inaspettatamente il senso di marcia e apre la mano per sfiorare con le dita il pelo di Marple e poi continua il suo percorso. È avvenuta un’apertura, un’apertura volontaria e da lì si inizia un nuovo percorso educativo. Una porta d’ingresso a un mondo diverso. I due mondi si sono sfiorati.

Eravamo tutti lì, abbiamo vissuto insieme, non eravamo in distanziamento sociale.

La pandemia ci sta mettendo di fronte a un grande mutamento, mette tutto in discussione e noi abbiamo il dovere di apportare i cambiamenti. Dipende da ognuno di noi, uno sguardo diverso, un approccio diverso agli affetti, al lavoro, alla società. Torneremo a comunicare con le carezze in punta di dita? Spero di sì un giorno, ma purtroppo non so quale.