Riprendere a lavorare dopo il lockdown è un evento emozionale molto forte, per tutti noi, umani e non.

Un giorno, in questo agosto, mi è arrivata una mail dalla Direttrice Sanitaria di una RSA dove lavoro dal 2007. “Elena, siamo pronti per riprendere“. La mia gioia è stata immensa, ho respirato a pieni polmoni. Questi mesi di chiusura forzata sono stati molto difficili, molte sono state le domande, i dubbi: è mancato il terreno sotto i piedi e sotto le zampe.

Lavorare in pet therapy, è intessere tele relazionali molto profonde. Interagisci con persone, costruisci ponti. Mi viene in mente l’intervista all’architetto Renzo Piano per l’inaugurazione del ponte Morandi a Genova. Il ponte unisce semplicemente, chiedendo il permesso, con forza e semplicità. E’ una opera lunga ed elegante. Non è un miracolo, è un lavoro fatto in silenzio fatto con estrema competenza ed amore per il mantenimento.

Mi convocano in RSA per una riunione organizzativa. In questi mesi mi sono informata, ho partecipato a molti webinar per la definizione dei protocolli d’intervento Covid 19, sia per il coinvolgimento dell’animale in IAA ma anche per la tutela degli operatori “in prima linea”, proclamati eroi nelle fase acuta e adesso dimenticati.

Entro nell’androne. Vuoto. Prima del covid era luogo d’incontro di ospiti, parenti ed operatori. Era solito vedere persone che giocavano a carte, che chiaccheravano, altri che si prendevano un caffè alle macchinette. Adesso è vuoto, quasi la voce rimbomba. Dopo tutte le procedure, che pian piano stanno diventando usuali per tutti noi, arrivo nell’ufficio del direttore. Dopo poco arriva anche la Direttrice Sanitaria, mi alzo, lei mi appoggia una mano sulla spalla. Mi commuovo. Definiamo i protocolli sanitari e la modalità d’intervento per gli AAA. Modalità di visita agli ospiti no covid.

E’ arrivato il giorno del nuovo inizio. Preparo Bolt, preparo la borsa, indosso la divisa, il mio cartellino. Arrivati il piccolo Bolt, salta giù dalla macchina, annusa, riconosce il luogo. La coda si fa più dritta, le spalle si allargano, il tartufo diventa più umido, il passo deciso. E’ tornato ad una delle sue case popolate di affetto.

Chi lavora con gli animali in IAA, a mio avviso, chiede molto ai propri animali. Chiede loro di ampliare la loro sfera affettiva, chiede di vedere oltre. E’ un lavoro sottile, è costante, è in continua evoluzione, prorio come lo è la costruzione di un ponte che unisce due individualità che mantengono la proria identità.

Saliamo al piano, gli operatori ci salutano; ad alcuni di loro viene da dire ” se siete tornati, vuol dire che ne stiamo uscendo”. Sorrido con gli occhi; con la mascherina gli occhi divengono ancora più importanti. Mi avvicino, ma non troppo, come da protocollo, agli ospiti. Alcuni di loro ci riconoscono ” è tanto che non vi vediamo” o ” ci siamo visti l’anno scorso”. Alcuni di loro sono un po’ più confusi, altri non ci sono più. Bolt li riconosce, si sdraia davanti a loro e li guarda fissi, non distoglie lo sguardo. Bolt ha ritrovato un pezzo di casa, ed io con lui.

Molte cose sono cambiate, non saranno più come prima. Dobbiamo trovare un modo nuovo per poter stare su quel ponte tutelando tutte le parti coinvolte, con forza nell’animo e la gioia di essere di nuovo in quel luogo, in quell’altra casa pronti a tessere nuove tele.